
La tivu? Una merda!
Ci troviamo a Milano, in via Stradivari, di fronte a un bel vassoio di brioche calde. Federico, Michele ed io ne approfittiamo. Jacopo invece passa il turno perché è reduce da una congestione, colpa una bibita ghiacciata bevuta la sera prima.
Cominciamo questa breve chiacchierata in cui dimostrano energia e grinta, ma anche serietà e professionalità, come se fossero sul palco da anni…
D. – Vincitori morali? Noemi ha dichiarato che siete la novità in assoluto! Siete d’accordo?
J – No. Siamo felici di aver portato la nostra musica e di essere arrivati in semifinale. Non era nostro obbiettivo vincere. Siamo felici per Matteo.
D. – Non potete però negare di avere rappresentato una ventata di novità…
J. – Certo, e speriamo di poter andare avanti tranquilli.
D. – Come avete cominciato e come siete arrivati a X-Factor?
M. – Ci siamo incontrati in terza superiore. Suonavamo in tre gruppi differenti, e un giorno abbiamo deciso di provare assieme ed è andata bene. E’ successo a ferragosto 2003, in una baita. Abbiamo suonato tutta la notte.
D. – Facevate cover o pezzi nuovi?
J . – Io scrivevo pezzi miei ma con i gruppi con i quali suonavamo prima facevamo cover. Quando abbiamo cominciato noi tre, ci siamo impegnati moltissimo anche perché dovevamo fare un po’ di chilometri per trovarci. Abitiamo in tre paesi diversi. Le prove sono sempre state impegnative ma comunque divertenti. Cover o pezzi nostri? Non mi ricordo…
F. – Abbiamo cominciato con pezzi nostri, e ogni tanto facevamo qualche cover.
D. – Vi ispirate a qualcuno? Non vi ispirate a nessuno?
F. – Ci sono delle cose che ascoltiamo però poi penso che un certo tipo di suono e di armonia ti suonano nella testa senza volere…
J. – Apprezziamo tante cose ma niente di particolare quando componiamo.
F. – Ci fanno impazzire soprattutto alcuni passaggi musicali, magari ascoltando i Beatles o i Queens of the Stone Age. Questo accomuna tutti e tre. Ieri, per esempio ci siamo incantati ad ascoltare Una splendida giornata di Vasco.
D. – Voi non c’eravate all’epoca dei Led Zeppelin e i Credence Clearwater Revival. Eppure dovrebbero quantomeno riguardarvi…
F. – Ne abbiamo fatto una piacevole indigestione per quattro anni. Pane e Led Zeppelin!
M. – Ci siamo documentati. I Beatles con Revolver, per esempio… Helter Skelter dal White Album… ho imparato ad apprezzare il suono distorto che si ripeteva successivamente anche con gli Iron Maiden. Mi immagino che sarà stato proprio innovativo proporre un suono del genere nel ’68!
D. – Eros Ramazzotti, che ho intervistato alcuni giorni fa, asserisce che è più difficile comporre una canzone pop che una canzone rock.
F. – Fare un pezzo Bello? Sono difficili entrambi. Forse girerei la frase. E’ più difficile magari fare un buon pezzo pop!
M. – E’ difficile a un certo livello capire quanto sia buono un pezzo pop. Io credo che molta musica degli artisti pop manchi di obbiettività. E magari anche la nostra! Forse sono bacato io… Penso che quando una roba è brutta, difficilmente l’artista che la fa se ne rende conto.
D. – Pensate che certa andrebbe scoraggiata, anziché incoraggiata?
F. – Alcuni pensano che basti una schitarrata a fare un pezzo rock. E peggio, altri credono di personalizzare una musica banale con la voce.
M. – Io penso che sia difficile fare un buon pezzo rock, innovativo. Da quanto tempo non se ne sente uno…
F. – In radio non passano le band nuove che suonano bene! A meno che non becchi “Radio onda d’urto”.
J. – Quando sali sul palco, davanti alla gente, ti esprimi e allora sei sincero, o meglio, credibile. Magari io esagero perché sono sguaiato, nel live.
F. – Troppi gruppi fanno rock alla Gunses Roses, e sono un po’ ridicoli…
D. – Avete molti pezzi nuovi da proporre?
J. – Alcuni vecchi dimenticati… E allora dovremo stare giornate intere in studio a fare musica, ma trovo bellissimo non dovere andare a lavorare o a studiare…
D. – Che tipo di lavoro?
J. – Io studiavo all’università, Federico faceva il falegname e Michele il disegnatore.
M. – Si dormiva poco. Suonavamo fino a tardi.
D. – E siete arrivati a X – Factor. Com’è successo?
M. – Avevamo registrato due dischi autoprodotti in uno studio di un paese vicino a Trento. La redazione di X – Factor ha contattato vari studi e fra cui il nostro, il Gulliver studio. Noi eravamo un po’ scettici, poi abbiamo deciso di accettare di andare a Milano a fare il provino. Ci hanno fatto fare il primo, il secondo e anche il terzo, anche se eravamo stufi. E basta!
D. – Noemi ha dichiarato che X – Factor le ha insegnato a portare i tacchi alti. Voi avete imparato qualcosa, in quella trasmissione?
J. – Ho sempre pensato che la televisione fosse una merda e continuo a pensarlo. Non ho mai creduto in quei programmi, ma devo ammettere che la nostra decisione, le nostre convinzioni e le nostre ragioni hanno funzionato. Noi, a casa, abbiamo lavorato molto sugli arrangiamenti. Così abbiamo portato le canzoni verso il nostro stile. Ci spiace un po’ che nel nostro ep siano prevalentemente cover. Non ci rappresenta un gran che. Non l’ho ascoltato neanche tutto dall’inizio alla fine.
D. – Il lavoro comincia dunque adesso!
J. – Certamente.
D. – Ho visto solo alcuni pezzetti di X – Factor e non mi è piaciuto il sadismo dei conduttori. Ma il merito forse di certi contenitori è che ti danno la possibilità di bucare…
J. – Quello sì.
D. – … e di conoscere tanti personaggi famosi.
J. – Una bella esperienza, è vero. Miguel Bosè, per esempio. Non sapevo niente di lui. E’ arrivato e ha cominciato a parlare. Mi ha fatto sorridere, poi ho visto che era un tipo tranquillissimo, se la spassava, con la panzona…
D. – La Pravo?
F. – Un’aliena.
J. – Giovanile! Con l’occhio che strippa… Poi Pelù, figo e alla buona. E Anastacia, grande.
D. – Grande voce ma non ha nessuna grande canzone.
F. – Sì, quella che fa… na na na… sed me free…
D. – Non mi sembra un capolavoro del calibro di Upside down!
F. – Ma perché, quando è uscita Diana Ross con Upside down ci si rendeva conto subito che era una canzone che sarebbe rimasta nel tempo?
D. – Bastavano le prime note, e la gente si buttava in pista! Stessa cosa quando successe il fenomeno Grace Jones, La vie en rose. E a proposito di cover, avete inserito nell’ ep appena uscito Ragazzo di strada, dei Corvi. Vasco Rossi l’ha fatta in concerto il primo maggio a Roma. Pensate di averlo influenzato nella scelta?
J. – Sarebbe bello pensalo! Ma no…
F. – Ho letto in una intervista in internet che erano anni che voleva cantarla. Poi l’ha fatta molto fedele all’originale. Noi abbiamo cambiato l’arrangiamento.
D. – Cosa ne pensate del vinile?
F. – Una figata. Da un anno compro solo vinili, se posso.
J. – Troppi CD in giro… si è perso il valore del supporto.
F. – Ascolta Amy Winehouse, per esempio. Il suono del vinile è diverso. E’ molto caldo e ti sembra di esserci in mezzo. Durante un concerto una signora mi ha regalato il White Album, che è un vinile molto raro, ed ero senza parole…
J – Ce lo ha regalato!
F. – Sì, sì, ce lo ha regalato! Lo taglieremo in tre pezzi!
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