Ornella Vanoni…
Quella volta che Vinicius De Moraes mi scompagnò il servizio di bicchieri…
Ornella ci apre la porta della sua splendida casa, nel cuore di Milano, una mattina di autunno in cui il cielo è grigio. Il grande terrazzo dove affacciano le porte finestre del soggiorno dovrà essere restaurato a breve e le piante sono state trasferite altrove. Qualcuno per ciò ha pensato che Ornella stia cambiando casa e la falsa notizia si è diffusa da un paio di settimane a macchia d’olio per tutta la città.
Tranquilli. Ornella Vanoni è al suo posto. Come il Duomo e la Galleria, come la Scala e la Rinascente, come il risotto giallo con gli ossibuchi…
Appare soddisfatta, di Milano, del grigio, del disco di duetti appena finito di registrare. E’ in gran forma. Rimbrotta la cameriera per via del fruttosio che, secondo lei, rovina il caffè che ci viene offerto e confessa allegramente che ci odia con tutto il cuore, noi di Raro!, perché le abbiamo portato i cannoncini alla crema pasticcera, anziché i soliti fiori. Sprofondiamo nei divani mentre la cameriera che si staglia sullo sfondo variopinto di una parete di straordinari calici di vetro di Murano ci assicura che quello che ci ha servito è zucchero semolato perché si è ricordata di comprarlo. Menomale. Allora viene quasi di pensare che siamo in una casa qualunque e che in quella quiete ci mancherebbero solo un paio di pantofole ai piedi e qualcuno che suoni il pianoforte in sottofondo.
Invece quella più che una casa è un luogo. E a ricordarcelo ci sono le opere di Burri, di Arnaldo Pomodoro, di Fausto Melotti che ammiccano dalle pareti avorio.
E c’è lei, la grande Ornella.
Ci pare doveroso cominciare questa intervista esternandole i nostri complimenti sinceri per Una bellissima ragazza, il disco uscito a settembre dello scorso anno. Uno dei progetti musicali italiani più belli e onesti dal 2000 a oggi. E non esageriamo.
O. – Grazie, sono contenta che vi sia piaciuto perché Una bellissima ragazza è un disco che ho progettato io. Ho voluto io quella copertina, ho progettato io le canzoni, quelle canzoni che dovevano manifestare il mio stato d’animo, quello di oggi. E’ un disco sincero, non è un disco furbo, e a parte che non si vende un tubo, chi l’ha recepito mi fa dei complimenti veri, non perché sono Ornella Vanoni. Però la massa non l’ha recepito perché è un disco… forse troppo raffinato.
L. – In una intervista radiofonica lei ha asserito che tutto il progetto è partito dalla canzone di Carlo Fava.
O. – Certo, Una bellissima ragazza, un capolavoro anche nel titolo. Capisco che sfugge, perché la gente pensa sempre al passato come se fosse stato tutto meglio. Invece bisogna dimenticare il passato. Se non dimentichi il passato non vivi il presente. E’ come quelli che pensano sempre ai morti e vanno al cimitero. I morti devono restare con i morti perché i vivi devono prestare le loro attenzioni ai vivi.
L. – Ho trovato straordinario il pezzo cantato con Mario Biondi.
O. – La cosa straordinaria è che due voci così diverse si siano poi impastate così bene.
L. – E Buona vita… pezzo forte composto da uno degli autori di Cesaria Evora. Durante il concerto al Teatro Smeraldo, dopo aver dettato con lui, lei ha lasciato intendere che potrebbe collaborarci ancora…
O. – Teofilo Ciantre…. Sì, non è detto che non si possa fare altro insieme. Ho anche ricevuto un altro pezzo, che devo ancora ascoltare. Vedremo.
L. – E’ vero che non si vendono C.D. in Italia, ma è anche vero che mole volte, di un C.D. si salvano solo un paio di pezzi. E questo non è il suo caso!
O. – L’Italia fruisce comunque meno in questo senso, ha sempre speso meno. L’Italia andava forte quando c’erano i singoli. Inoltre adesso è un disastro anche per la creatività. Questo fatto di vedersi così poco e di pensare di andare veloci come le macchine impedisce alle persone di incontrarsi. Io credo molto nel confronto, credo molto nel gruppo, credo molto nell’unione, nel discorsivo, seduti a tavola di fronte a un bicchier di vino, si fa la mezzanotte, si parla, e poi ognuno va a casa arricchito, e da questo arricchimento poi nasce la sua, se ce l’ha, creatività. Questa solitudine del creativo, io mi ritengo un’interprete, questa solitudine è brutta. A me piace il gruppo, mi rassicura, è più bello l’incontro umano. Io poi dico sempre… scrivo qui una lettera… dove dico che tra dieci anni tutti butteranno via i telefonini a meno che non siano essenziali. Ricevo, chiamo, lascio un messaggio. Anche internet avrà la sua batosta, perché la gente come sempre si riempirà, si riempirà, si riempirà e si stuferà!
L. – Proprio sulla Repubblica di oggi si dice che è la tivù che ha stufato perché è vecchia e che la gente preferisce andare su internet.
O. – Io non l’accendo più. Ne ho due palle! Sempre gli stessi film. L’unico che poi guardavo, anche ‘sto Fox Crime, due palle! A qualsiasi ora ci entri dentro…
L. – E veniamo al disco nuovo dei duetti. Due canzoni inedite, quella con Mina e quella con Ramazzotti, più una manciata di cavalli di battaglia suoi…
O. E’ un progetto di Rudy Zerbi. Un progetto di taglio forte, commerciale, dove hanno speso, credo, abbastanza soldi. Lui ha detto: tutti i tuoi best, mettiamo. Mina un mio hit non lo voleva fare. Voleva fare un inedito. Potevamo pigliare anche una canzone stupenda americana. Noi dovevamo prendere un capolavoro. Un capolavoro non l’abbiamo trovato, così abbiamo fatto una canzone commerciale che andrà sicuramente bene. Avrei preferito una canzone da dire… Ah!
L. – Amiche mai parla di due donne che si contendono lo stesso uomo, scoprono di essere sulla stessa lunghezza d’onda nel definirlo un bastardo, ma giurano che non saranno mai amiche. Nella vita avete mai avuto qualche problema in quel senso? Avete, che so, amato lo stesso uomo, in tempi diversi?
O. – No. Noi siamo state molto amiche. Magari non intime. Ci siamo molto frequentate per molti anni, al ristorante o uscivamo così, ognuna col proprio uomo, naturalmente. No. Non siamo state mai neanche nemiche. Questa era una cosa, che gli italiani, sa, Coppi e Bartali… Non sono nemica di nessuno, io. Sì, di un banchiere che mi ha portato via tanti soldi… di quello sì.
L. – Amiche mai è un pezzo pieno di ritmo e di chitarre.
O. – Sì. Le è piaciuto?
L. – Molto.
O. – Solo un volo no?
L. – Così così…
O. – Ah, non ama Ramazzotti?
L. – Così così. Comunque penso che in radio il pezzo funzionerà.
O. – Funzionerà, poi Ramazzotti ha una grande scia… non le piace insomma…
L. – Non mi piace troppo la sua voce.
O. – Posso capire che non le piaccia… è strana, ma è proprio questa sua stranezza che lo rende anche all’estero così interessante. A me invece mette di buon umore perché mi ricorda la voce di Paperino, nel senso buono della parola. La ascolti e provi a pensarci…
L. – Proverò. Magari funziona.
O. – Vedrà che le mette allegria! Poi è stato molto carino Ramazzotti perché questo è un pezzo scritto da lui per me e Mina. Mina l’ha rifiutato, allora ho detto lo faccio io. E’ molto carino ad aver dettato con me dopo Tina Turner, dopo Ricky Martin e dopo Anastacia… Come italiana sono la prima e ritengo questo un vantaggio.
L. – Con Claudio Baglioni canta Domani è un altro giorno. Lo avevate cantato già in tivù, su rai due, qualche anno fa.
O. – Ah, sì sì sì. Eh gli piace molto a Baglioni quel pezzo. E’ stato molto carino, ma sono stati tutti molto carini i miei colleghi.
L. – Gli arrangiamenti sono di Celso Valli.
O. – Celso ha firmato molti successi di questi cantanti. E’ stato più facile per lui ottenere un sì. Sono anche cantanti di scuderia Sony-Bmg. A parte la Consoli… e Ramazzotti… e Giovanotti. Lui è una delizia, un Bon Bon.
L. – E’ sempre piaciuto a lei Giovanotti… Ne ha sempre parlato con trasporto.
O. – La prima volta che lui è comparso con Baudo hanno detto “E’ cretino. E’ completamente deficiente”. Caspita, c’aveva diciassette anni! Ho detto “Ma non è vero, è carino, dategli tempo di crescere, o no?” Non ti danno mai il tempo. Uno è appena nato e deve già sapere fare tutto. Sembrava cretino perché aveva la zeppola, invece a me è sempre piaciuto. Quando l’ho visto con Carlinhos Brown (io sono stata la prima a cantare Carlinhos Brown, l’ho portato io in Italia) eravamo a Genova per la serata di De Andè, grande poeta lui, morto anzitempo veramente, troppo giovane per morire… insomma io ho detto a Giovanotti “Io ti ho visto in televisione, i grandi li riconosco, e ti ho riconosciuto subito!”.
L. – Lei ha cantato Bocca di rosa, in quell’occasione.
O. – Ho fatto Bocca di rosa. Sì.
L. – Ce ne sono due versioni, in CD, quella live del concerto e quella in studio, contenuta nel disco Noi, le donne noi. Questa seconda versione sembra che lei faccia difficoltà a cantarla, e viene da immaginarci un’Ornella con gli occhiali sul naso, che insegue le note…
O. – Ricorrevo la musica, è vero. Colpa mia. Avrei dovuto farla rallentare… L’emozione mi ha fregato…
L. – In questo nuovo disco di duetti c’è Eternità, che lei canta con i Pooh. A Sanremo la cantò in coppia con i Camaleonti. Come ricorda il festival in quegli anni?
O. – Quando arrivavo a Sanremo mi veniva o una stipsi totale o una sciolta totale. Io odio le gare, mi fanno stare male. Ma male! Dicevo sempre: “ Allora facevo lo sportivo così almeno ero certa di essere arrivata prima” invece qui non si sa mai se si è primi o secondi perché il pubblico ha votato… la giuria ha votato… quell’altro ha comprato la vittoria… L’Italia è sempre stata un casino… Non lo so, Sanremo non, non mi piace… per esempio, c’è tutta questa vita, tutta questa frenesia per tre giorni, interviste, autografi… poi, la mattina della domenica alle otto, sembra che siano morti tutti. Ti piglia una tristezza, come se i topi fossero tutti scappati dalla barca. No, non amo Sanremo, non- mi-pia-ce! I miei, poveri cari, quando erano vivi, avevano comprato la casa lì, ma erano altri tempi, io avevo diciannove anni… oggi è cambiata… è scesa di categoria.
L. – Sempre Sanremo ’68, si classifica seconda, la canzone è Casa bianca, e la canta in coppia con Marisa Sannia…
O. – Casa bianca con la piccola Sannia. Perché è morta così presto? Mi spiace, era una persona deliziosa. L’ultima volta che l’ho vista, eravamo in aeroporto, alcuni anni fa, mi ha regalato un suo disco con un filo rosso, di Arianna, che l’aveva fatto lei, incollato lei, aveva fatto la copertina lei… e poi era tornata a vivere in Sardegna, la sua terra. Saggia persona, saggia scelta.
L. – Ha lasciato un ultimo disco, postumo, Rosa de papel. Sono poesie di Garcia Lorca, quindi in spagnolo, sulle quali sono state cucite le musiche…
O. – Marisa faceva dischi molto raffinati, anche in sardo.
L. – E tornando ancora un anno indietro, ancora Sanremo, 1966. Io ti darò di più, era la canzone. In coppia con Orietta Berti.
O. – No, La musica è finita, ho cantato con la Berti… credo.
L. – No, con la Berti ha cantato Io ti darò di più! Scommettiamo? (ci stringiamo la mano in segno di scommessa, e naturalmente vinciamo. Siamo sempre così precisini e noiosetti, noi di Raro!).
O. – E allora con chi l’ho fatta io La musica è finita?
L. – Era un uomo… (Mario Guarnera).
O. – Boh?
L. – Quando lei, Ornella cantava Io ti darò di più, tutta sensuale, si intuiva che alludeva a qualcosa di erotico, quasi peccaminoso… Invece Orietta, con la sua aria casalinga, alludeva forse a una lasagna?
O. – Ti darò più lasagne… ognuno dà di più di quello che ha… e poi chi lo sa? Magari la Berti, così tondetta, potrebbe essere una bella sorpresa… perché no? Non si sa mai finché non si tocca con mano… (Ridiamo alla grande).
L. – Sempre a proposito del passato, e in particolare degli anni settanta, lei fece l’ultimo disco Cgd, Un panino una birra e poi, tutto di brani celebri di quegli anni. In una intervista lei disse che si trattò di un progetto fatto con poco sforzo, tanto per chiudere con quell’etichetta. Invece fu un grande successo, quel disco, inaspettatamente. Tanto grande che il primo disco Sony fu la continuazione… la tua bocca da baciare.
O. – E’ vero. Andarono da dio! Ma sai che cos’è? Che la gente, oggi, ama molto sentire il passato. Siccome il presente è tanto difficile e spaventa, allora tutto ciò che è un po’ passato… per esempio, se a me una televisione facesse tutti film in bianco e nero, da Lubish in poi, io sarei felice, perché mi rilassano… invece apri e sparano, morti, botte… Oggi, o medici o poliziotti, non si esce da quel cliché. Due palle, eh? La gente ama ascoltare cose che ha già sentito, infatti se fai un concerto, metti che ti venga lo sghiribizzo di fare un concerto con tutti pezzi nuovi… no… il pubblico viene lì per ascoltare certe cose, poi semmai ne scopre altre, ma tu gli devi dare quelle che vuole… perché con certe canzoni si è fidanzato… con altre ha dato il nome alla figlia… mi ricordo quanto ho pianto… o mi ricordo che forza mi hai dato perché ho detto “guarda lei come sta male, ce la farò anch’io”, capisci? Comunque gli anni settanta stati anni meravigliosi, di musica bella, non solo da noi, anzi!
L. – In un’intervista lei ha detto che le sono mancati, nella sua vita artistica, Miles Davis e Chet Bacher…
O. – Mi è mancato soprattutto Chet Bacher. Io ero pazza di lui. Fra la tromba e la voce non saprei cosa scegliere. Per me un angelo suona e canta così.
L. – E allora, visto che siamo in argomento, il suo lavoro Ornella e… (non mi funziona il tasto di and company) Lì hanno suonato per lei George Benson, Ron Carter, Gil Evans, Herbie Hancock, Lee Konitz, tanto per citarne alcuni…
O. – Il fatto che quel disco fosse doppio ha tolto un po’ l’intensità a quel lavoro, ed è stata una volgare questione di soldi. Ho avuto poco tempo per ogni musicista. Avrei voluto lavorare di più con Ron Carter, con Herbie Hancock… Sì…
L. – Ma grazie a dio il tempo non le è mancato con Vinicius De Moraes e con Toquino…
O. – Quella è stata un’esperienza straordinaria… poi quel bastardo di Toquino che mi guardava negli occhi e mi suonava la chitarra… io sono andata un po’ fuori… non è successo niente tra me e lui, però… sai, il chitarrista, il poeta, una cosa, un’altra… Toquino ha vissuto da noi, da me e il mio compagno, sull’Appia, poi quando è arrivato Vinicius sono andati in albergo, perché noi avevamo solo una camera ospiti… Vinicius era un uomo mitico che io paragono a Hugo Pratt, per il modo che avevano di amare le donne. Amavano la donna come soggetto. Hugo ha avuto donne, casini, figli… Poi dicevano: “ma sei sicuro che sia tuo figlio?” e lui rispondeva: “Lo chiamerò Pratt. Un Pratt mas o un Pratt meno, cosa cambia?”. Ma tornando a Vinicius, ci sono stati momenti così intensi che non posso neanche spiegare, di lacrime, risate, commozioni, emozioni, a poi, Vinicius, quando veniva a casa nostra, siccome aveva sempre un bicchiere di Whisky in mano, sia che camminasse o no… pigliava… usciva… man mano mi ha cambiato tutto il servizio di bicchieri… mi è rimasto tutto il servizio scompagnato! Vinicius… è uno di quegli uomini che quando se ne vanno… non se ne va solo un affetto, se ne va un pezzo di mondo.
L. – A me fa lo stesso effetto anche quando se ne va un animale…
O. – A me anche… Un pezzo di mondo, ti dicevo… Quando è morto Hugo è stato terribile. Perché sai, tu ti sedevi davanti a questi uomini che la vita l’avevano cantata, descritta, inventata e comunque vissuta. Erano dei grandi affabulatori, e tu stavi lì e non avevi più voglia di muoverti, potevi anche evitare di viaggiare. Tutta la vita ti passava davanti, un po’ come Borges… tra la verità e l’invenzione…
L. – Nei primi anni ottanta, a Firenze, ho conosciuto Ugo Tognazzi. Ho anche inventato una ricetta per lui…
O. – Com’era la ricetta?
L. – Pesante. Erano penne ai formaggi affumicati…
O. – Madonna! Quello diceva: “Non venite mai a cena da me…” e giù panna, pancetta, burro, formaggi… non digerivi più…
L. – Tognazzi mi disse che lei, Ornella era la donna più intelligente che avesse mai conosciuto e che gli faceva paura.
O. – Si vede che faccio paura a tanti visto che sono nove anni che sono single!
L. – Nel film che faceste insieme, I viaggiatori della sera, lei si esibisce in un nudo integrale…
O. – No. Questa non si vede… si vedono queste…
L. – Ma si vedeva il culo… lo possiamo dire? Il culo d’oro… così la chiamavano…
O. – Sì. Culo d’oro… chiappe parlanti… L’ha detto anche Chiambretti alla televisione… “lei che la chiamavano culo d’oro”…
L. – C’era l’aquila di Ligonchio, la Pantera di Goro…Poi c’erano Casco d’oro e Culo d’oro! (Ornella ride di gusto).
L. – Caterina (Caselli) le fa da corista in Ricetta di donna. Che bel disco, come anche il successivo, 2301 parole…
O. – Erano bellissimi… fanno parte del periodo Bardotti. Anche lui, poverino se n’è andato. Ultimamente era molto cambiato, stava male, ma fino a un certo punto della vita era un produttore così… colto, aggregativo, creativo, si emozionava sempre, in tutte le cose. Era comunista. Lo portai a spese mie in America, e a cena da un amico gli dissero: “ Ma lei, un uomo così intelligente, è la prima volta che viene in America?”. E lui:” Sì, perché io ero filo castrista. Adesso toh!”
L. – Avevo preparato un sacco di domande, su questi fogli, ma non mi sono servite. E’ un piacere parlare con lei, Ornella…
O. – E’ andato tutto liscio! Di dove sei?
L. – Vivo in collina, sopra Pietrasanta.
O. – Oh, Beato te! Come mi piace l’Enoteca a me, di Michele! E vivi solo?
L. – Più o meno, in una bella casa che vede il mare… anche dalla finestra del bagno…
O. – Ah, che invidia! Anche dal bagno mentre fai la cacca!
L. – Ti incanta.
O. – Il mare si muove, ha una sua vita… è una persona.
L. – Comunque Ornella la disturberò ancora, per un’altra intervista che vorrei metter in un mio libro dove si scivolerà da una intervista all’altra in una specie di Sei gradi di separazione”.
O. – Che bello quel film. L’hai visto, vero?
L. – Sì. E mi è piaciuto molto.
O. – Un’altra intervista? Ci troviamo a Pietrasanta, ubriachi.
L. – Lei ha vissuto a Roma…
O. – In due tappe. Prima da sposata, felicissima. Poi sono tornata a Milano quando è nato mio figlio, Cristiano. L’ho dato ai miei da tenere, io dovevo lavorare. Poi ci sono tornata in un secondo tempo, per amore, con Sabatini. Mi sono divertita un sacco, sono stati anni vivi, belli, anche se mi sono giocata la carriera, perché per colpa di Danilo (Sabatini) non sono andata in Giappone.
L. – Lei è stata la prima a proporre dischi di cantautori… Due dischi, Ai miei amici cantautori 1 e 2. Eppure sono stati un’arma a doppio taglio, perché poi, con il passare degli anni, gli autori se le sono cantate da soli, con voci a volte imbarazzanti. E agli interpreti non hanno dato più nulla.
O. – Eh sì. E’ difficile che abbiano una bella canzone e che la diano alle interpreti come me e Mina, che poi io e lei siamo molto diverse. Lei è molto più cantante e io interprete. Lei fa una vita che si riposa molto più di me, quindi un po’, ogni tanto, la invidio. La gente mi vuole convincere che Mina è infelice. Secondo me sta benissimo. E’ sposata con un uomo che adora. Dicono che una che è ingrassata così è infelice. No, è ingrassata magnando come una vacca! Cioè, appena ha potuto, beata lei, ha mangiato tutto quello che non ha potuto mangiare negli anni in cui doveva essere magra.
L .- Ultima domanda. I duetti mancati?
O. – Nicoletta (Strambelli), Elisa, Biagio (Antonacci)… Irene Grandi.
L. – Farà un programma in tivù con i nuovi duetti? Ci saranno ospiti?
O. – Il tredici dicembre, se Dio ci sostiene… speriamo in un po’ di cantanti, perché sai, uno non può perché è in Russia, quell’altro vuole un miliardo… Saremo io e Ballandi… Canterò tutte le canzoni con lui, anche Amiche mai!
Siamo ai saluti. Ornella ci abbraccia morbida e burrosa, e ci dispiace lasciarla lì dopo un’ora appena, adesso che ci siamo rilassati, ma a Milano si va tutti di fretta e non si capisce bene perché. Anzi, questa è una domanda che le faremo la prossima volta se ci farà il regalo di riceverci di nuovo. Intanto, l’avrete notato, a metà dell’intervista ci ha cominciato a dare del “tu”, segno che era distesa. Mentre la salutiamo canta Kerì Kerì Kerì, prendendo in giro la Wandissima. E la sua voce è forte e potente come quella di una sirena. Era di Carpi- Fo, Sentii come la vosa la sirena e Ornella ce l’ha cantata tanti di quegli anni fa! Ma chiudiamola lì col passato. Bisogna vivere il presente, come lei ci insegna…