SELFIE, MINA, TI PREGO, ASCOLTATI!
Nella tua notoria riservatezza, Mina, sei la cantante più chiacchierona che conosco. Ogni settimana su Vanity Fair dispensi ricette d’amore e tra le righe ti racconti a più non posso. Su La Stampa, negli anni passati hai pubblicato bellissimi articoli grondanti di appassionati pensieri. Menomale che non rilasci interviste dal ’78! E comunque, se avessi cambiato idea, da allora nessuno te ne ha più chieste (a parte quel ridicolo Bagnasco al citofono a Lugano, qualche mese fa. Troppo divertente tu incavolata nera che fai finta di essere la cameriera e rispondi “No, non c’è… la signora è al Forte”.
E quando scrivendo parli di te stessa ti definisci: una che non ride quasi mai… una che non canta quando cucina… una che è spesso di pessimo umore… una che ha la luna storta un giorno sì e un giorno sì.
Si sa, Mina, sei stata tanto tartassata, usata, tradita, fraintesa, abusata, ferita e chi più ne ha più ne metta. Così, nel tuo eremo svizzero ti sei costruita una barriera composta da mattoncini amici fedelissimi e abbottonatissimi. Ce l’hai a morte con la gente curiosa, con le persone invadenti e maleducate, con quelli che ti spiano, ti additano e ti fotografano. Peggio ancora con quelli che ti riprendono con quei maledetti telefonini telecamera mentre fai la spesa o passeggi col cane. E magari ti pubblicano su Youtube appena tornati a casa. Confesso che anch’io, una volta di tanti anni fa, cedetti alla tentazione, (ero stato accolto con tanto affetto da Massimiliano nella tua ex sala d’incisione), di fotografare il cesso “dove ti sedevi”; per essere sicuro di immortalare quello giusto fotografai sia quello rosa delle femminucce che quello azzurro dei maschietti! Mi scuso qui. Se mai dovesse ripresentarsi l’occasione, giuro, non lo faccio più. A mia discolpa, posso dire, che ero tanto giovane… e cretino.
A volte sogno di intervistarti e la prima domanda che ti farei sarebbe: “Ascolti mai i dischi di Mina?”. Risponderesti sicuramente di no. Perché per personaggi del tuo calibro, la musica è un lavoro, e come tale, finisce nel momento in cui si abbassa la saracinesca della sala d’incisione.
Tutto questo panegirico per due motivi:
primo perché stavolta Mina, tramite il magico Mauro Balletti, hai avuto il coraggio (o meglio la sfacciataggine) di mettere come tuo Selfie il culo di un elefante, quello di una zebra e la faccia spaurita di un giovane macaco giapponese. E vabbè, con quello che ho scritto sopra direi che noi impertinenti e spudorati curiosoni ce lo siamo meritato.
Secondo perché questo CD lo trovo un grande capolavoro Camp che ti fa tornare la voglia di cantare, di fare sesso (se mai uno l’avesse persa), di ridere, di alludere, di giocare. Così se tu Mina lo ascoltassi BENE come facciamo noi fan dalla mattina alla sera, cinque o sei volte al giorno, per almeno una settimana intera, ti divertiresti un casino, ti tornerebbe il buonumore, canteresti mentre giri il ragù, rideresti come una matta mentre stiri o ti lavi i denti e chissà, magari potresti diventare una fan di te stessa.
E adesso è ora di schiacciare il play.
Questa donna insopportabile è il titolo del primo raffinatissimo brano. Ma va? Una donna insopportabile tu? E qui, come si dice “ce la canti”: Se ci penso adesso vorrei fare un enorme cerchio rosso intorno a me, un confine per non farmi prendere… accusata da dover nascondermi… sono ancora troppo fragile per affrontare questa vita stupida che sia, stanca, rattoppata ma soprattutto mia…. E’ il pezzo che mi ha conquistato subito perché questo tuo prendere le distanze, questa tua lontananza mi ti ha fatto sentire vicinissima. Vera. Complimenti a Federico Spagnoli, autore (sia del testo che della musica). E complimenti al tuo Max per l’arrangiamento essenziale ma molto elegante! Come lo è lui.
Io non sono lei. Ritmo e gridolini da libidine. Lascerò che tu ti innamori ancora un po’, poi la bocca mia ti dirà di no. Io non sono come tu mi vedi. Lei è buona e perdona, io mai. Prova e vedrai! Mi allontanerò quanto più mi cercherai, fino a che il mio nome griderai… Ci risiamo, Mina, prendi le distanze da vera star, come, imitandoti le prenderemo noi che ti amiamo, uomini e donne, tutte “finocchie dentro”, che ne faremo un inno tormentone estivo. Tu icona gay? Ma va? Che novità!
La sola ballerina che tu avrai. Una voce intensa ma velata accarezza una musica dolcissima di Mattia Gysi e Axel Pani. Il testo è di Lele Cerri. Un aficionado. Arrangia benissimo Ugo Bongianni. L’atmosfera è intensamente gradevole, come nella Compagna di viaggio di Faletti. Una ballad attualissima nella sua semplicità.
Il pelo nell’uovo (Gianni Bindi – Matteo Mancini). Ai primi ascolti spiazza per l’arrangiamento. Un ballabile disco vintage. Ma ascoltala, Mina più e più volte. Ti conquisterà perché è una follia. E’ pazza. “Finocchia” anche questa. Sembra di vederti mentre la canti scuotendo la testa,un po’ imbronciata, gesticolando e ballonzolando come quella volta che eri tutta un boccolo, alla tivù Svizzera (Colpa mia). Un ritmo di percussioni e fiati decisamente demodé. Un capriccio. Tanta, tanta voglia di trasgredire. Ti lascio perché da te ho avuto già tutto…
Alla fermata (Gianni Leuci). E’ perfino scontato dire che siamo di fronte a un capolavoro. Ascoltalo Mina, se ce la fai, senza che ti si stringa la gola per l’emozione. Ah, cosa sei, forse un’onda così grande che mi bagna e non fa male… Quell’ Ah… arriva tra le scapole come una pugnalata.
Perdimi (Mario Capuano). Anche qui non ci sono parole. Ci fai piangere. Ma come fai a rendere così appassionatamente spagnoleggiante e sanguigna una canzone che in fin dei conti è formata da parole e da pallini segnati in un pentagramma? Si sente, carina, che ci provi gusto a cantarla. Tanto poi quelli che rimangono sbudellati siamo noi. E a proposito della Spagna, sai se Almodovar l’ha ascoltata?
Il giocattolo (Gianni Bindi – Matteo Mancini). La tua voce di miele che toglie il respiro dov’è Ah, con qualcun altro…Sento ancora il profumo lasciato nel letto e non so Ah, se voglio un altro. Ne vogliamo parlare? Chi, ascoltando il pezzo, non prova brividini giù, lungo la schiena, vada a farsi dare un’occhiata da uno specialista di endocrinologia. Pezzo minosissimo. Intrigante da morire. Non ho capito se il giocattolo è un cazzo o una marchetta. Ma fa poca differenza.
Mai visti due (testo Lele Cerri). La musica, forse la più intensa ed emozionante di tutto il disco è di Franco Serafini (che arrangia pure). Franco, sei grande grande grande. Mi blocchi il diaframma come se fosse un bolero o l’aria struggente di un’opera sinfonica.
Troppa luce (Gianni Bindi – Matteo Mancini). Un divertissement col tuo Edoardo, che nell’intro canta a squarciagola. Distante nonna Mina, e ammettilo che quel giorno eri tutta pimpante e allegra! Almeno quel giorno. La canzone è una chicca. Il ritmo è molto stuzzicante. Scanzonato.
La palla è rotonda (Maurizio Catalani, Claudio Sanfilippo – Claudio Sanfilippo). Una vera bellezza questa rassicurante sigla per i mondiali di calcio. Le parole rimbalzano di tacco di punta di esterno e di sponda come una palla, come rimbalzavano nell’ Acqua di Marzo e in tante altre sambacce brasilere che grazie a te (e a Ornella) ci sono entrate nel sangue… Inutile ricordare Ossessione 70… Albertosi Albertosi…chi se la scorda?
Oui, c’est la vie (testo Maurizio Morante, musica di Axel Pani). Mi ha riportato alle atmosfere di Ma ci pensi, un pezzo dolcissimo di Attila. Perché anche in questa canzone la tua voce è senza tempo. Potresti avere trenta o cinquant’anni. Quanti ne hai realmente poco importa. Ma sai che qualche volta, quando canti le canzoni di questi ultimi anni, mi sembra di vederti con i riccioli biondi, anziché con la treccia? Complimenti ad Axel. Faglieli quando lo vedi, da parte mia.
Aspettando l’alba (Fabrizio Berlincioni – Mauro Culotta). Che bellezza questo pezzo da struscio da balera. Languidone. Io faccio un discorso alla luna, per fortuna che c’è ancora lei. E la freschezza della tua voce conquista, se ce ne fosse bisogno dopo tutto questo bendiddio.
La fine. Ma guarda chi si rivede alla fine! Anzi chi si riascolta. Un pezzone piacevolmente antico e rassicurante del grande Don Backy. Una gustosa e saporita ciliegiona su questa torta farcitissima e riuscitissima. Complimenti di cuore all’autore, ovviamente, ma complimenti sempre e comunque a te e a tutta la premiata pasticceria Mazzini.
Allora, dammi retta, Mina. Se non ti hanno ancora spedito il disco, corri a comprarlo. Anzi no, mandaci qualcuno… se no ti beccano con quei maledetti telefonini. Però un Selfie tuo tuo ce lo potevi fare, lazzarona! Col bene che ti vogliamo…
Lucio Nocentini (insieme a Zoe).
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